Chiesa di Santa Maria Maddalena dei Pazzi

Borgo Pinti 41-61. (Apri Mappa)
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Descrizione

La chiesa di Santa Maria Maddalena de' Pazzi con annesso convento, è un importante complesso monumentale di Firenze situato in Borgo Pinti 60, angolo via della Colonna.In questo sito si sono avvicendati diversi ordini e istituzioni religiose. La fondazione risale al 1257, intitolato a "Santa Maria Maddalena delle Convertite" o "delle Penitenti", nel luogo dove già esisteva una casa di accoglienza per donne di malaffare "repentite" (o "convertite"), che seguivano la regola di San Benedetto. Fu proprio dalle "repentite'" derivò forse il nome della via, Borgo "Pinti".Lo "Spedale a Pinti" è citato sia da Dante Alighieri, nella LXXVI° Rima in risposta a Forese Donati (A lo spedale a Pinti ha’ riparare), sia da Giovanni Villani, che ricorda come nel 1260 da qui venivano i buoi che trainavano il vessillo fiorentino diretto alla battaglia di Montaperti.Nel 1322 la struttura passò ai Cistercensi di Badia a Settimo, che vi si insediarono solo nel 1442, sollecitati da papa Eugenio IV, che trasferì le Convertite a San Donato in Polverosa. Il convento di Borgo Pinti fu quindi ricostruito fra il 1481 ed il 1526 col finanziamento di Bartolommeo Scala (che nella stessa via fece poi edificare il proprio palazzo) su progetto di Giuliano da Sangallo, che ideò l'innovativo quadriportico in stile ionico, antistante alla chiesa. L'interno venne armoniosamente arredato fra il 1480 e il 1530 da pale d'altare di artisti di primissimo piano, quali Sandro Botticelli, il Perugino, Domenico e Ridolfo del Ghirlandaio, Lorenzo di Credi e Raffaellino del Garbo, che vennero inesorabilmente trasferite altrove a seguito della ristrutturazione sei-settecentesca (oggi sparse nei musei di Firenze, Parigi, Monaco e San Pietroburgo). Esse furono sostituite da altre che ancora si trovano nella chiesa, opere di Carlo Portelli, Alfonso Boschi, Domenico Puligo, Giovanni Bizzelli, Santi di Tito, Francesco Curradi. Sempre alla fine del Quattrocento fu affrescata la sala capitolare dalla famosa Crocifissione del Perugino.Nonostante ciò Federico, nel marzo 1709, giunto in visita alla città come re di Danimarca, espresse il desiderio di rincontrare Maddalena con grande costernazione del mondo religioso, poiché la donna ormai era monaca di clausura e non poteva ricevere visite specialmente maschili. Tuttavia, per non dispiacere al sovrano, l'arcivescovo Tommaso della Gherardesca e la badessa del convento acconsentirono all'incontro. Il mattino prestabilito in tutti i conventi di Firenze vi furono celebrazioni religiose con comunione generale e speciali preghiere per scongiurare qualsiasi avvenimento disonorevole. Nel 1629 si verificò una fondamentale svolta nella storia del complesso, i frati fecero cambio letteralmente della proprietà con le Monache Carmelitane di Santa Maria del Angeli, spostandosi in Oltrarno. I frati portarono con sé il nome del Cestello, che ancora oggi si riferisce a San Frediano in Cestello dove si stabilirono, e a loro volta le monache fecero chiamare monastero di Borgo Pinti col nome antico di quello d'Oltrarno, Santa Maria degli Angeli. Le suore portarono con sé anche le spoglie della consorella Maria Maddalena de' Pazzi, una carmelitana mistica morta nel 1607 e beatificata da papa Urbano VIII (del fu apposto un vistoso stemma Barberini e una lapide all'angolo con via della Colonna) nel 1626. Ma soltanto dopo la sua canonizzazione di Maria Maddalena, nel 1669, la chiesa venne ridedicata.Questo importante evento fu la spinta che innescò un rinnovato fervore decorativo. In tale occasione Jacopo Chiavistelli, con la collaborazione di Angiolo Gori, affrescò la volta la Gloria di santa Maria Maddalena de' Pazzi, mentre Cosimo Ulivelli dipinse alle pareti le Storie della santa. Poco dopo, dal 1677 al 1685 fu costruita l'attuale cappella maggiore, concepita come una sorta di mausoleo, di cornice trionfale alle reliquie della santa. Il monastero fu lo sfondo della vicenda della nobildonna lucchese Maddalena Trenta, poi monaca di clausura, e del re di Danimarca nel 1691.Nella seconda metà dell'Ottocento, dopo la definitiva soppressione del convento (1866), il convento fu letteralmente tagliato in due dalla realizzazione dell'attuale proseguimento di via della Colonna (espropri e progetto complessivo dell'architetto Felice Francolini), in origine tracciata fino a borgo Pinti, e nell'occasione portata a congiungersi con l'area di piazza d'Azeglio e di via della Mattonaia, di nuova urbanizzazione (1865-1870). Durante i lavori sia il chiostro sia il vecchio refettorio furono drasticamente ridotti e gli ambienti variamente adattati nel tempo ad ospitare prima la Scuola Normale Sperimentale Maschile e la Scuola Tecnica P. Toscanelli, poi, dal 1898. Al complesso di Santa Maria Maddalena dei Pazzi erano pertinenti anche il Palazzo dell'Istituto duca d'Aosta, sull'altro lato della strada, e quelli dell'Istituto San Silvestro in Borgo Pinti 10. Sulla via l'edificio acquisì l'attuale facciata, progettata e realizzata dallo stesso Felice Francolini attorno al 1870 a spese del Comune e della Provincia di Firenze. Nel 1888 le carmelitane che ancora avevano cura della chiesa si trasferirono prima in piazza Savonarola, poi in via dei Massoni a Careggi nel monastero tuttora esistente, dove non mancarono di portare anche le spoglie della santa. Gli immobili del convento soppresso e smembrato, assegnati al Comune, furono destinati a scuola. Oggi la chiesa, alla quale si accede da Borgo Pinti, e gli ambienti conventuali superstiti ad essa annessi sono passati agli Agostiniani dell'Assunzione (Assunzionisti), dal 1926. Si tratta di un ordine di origine francese e la loro presenza suggella anche il ricordo di santa Teresa di Lisieux che qui si fermò in pellegrinaggio nel 1887, come ricordano una lapide sulla strada e una statua nella quinta cappella di sinistra. Furono i padri francesi a richiedere l'aiuto della Francia per restaurare la chiesa dopo i notevoli danni dell'alluvione di Firenze del 1966, come ricordano due targhe (in italiano e in francese) nel portico. In quell'occasione fu anche costruito il lato destro dell'atri, utilizzando calchi dei capitelli antichi sul lato sinistro. Oggi la chiesa è frequentata in special modo dalla comunità sudamericana residente a Firenze.Su borgo Pinti si trova un prospetto con portale timpanato, su cui si legge l'iscrizione "CENOBIUM CISTERCIENSE". In prossimità dell'angolo con via della Colonna si vede la monumentale mostra seicentesca coronata da uno scudo recante le api dei Barberini, che ricorda proprio il trasferimento delle carmelitane (fra le quali si trovavano tre di casa Barberini) dal Cestello a borgo Pinti, per interessamento di papa Urbano VIII e con la partecipazione di gran parte dei membri del casato ai quali anche lo stesso papa apparteneva. La traduzione è: "A Urbano VIII pontefice massimo che a sue spese restituì questo monastero, qua trasportato da un luogo più angusto, ad una dimensione più ampia e ad un migliore culto, e a Carlo Barberini duca di Ereto suo fratello germano e a Francesco cardinale vicecancelliere di Santa Romana Chiesa e a Taddeo prefetto della città, figli di Carlo e nipoti di Urbano i quali, imitando l'esempio di sì grande devozione, sostennero il medesimo monastero con molti benefici, le monache posero come eterna testimonianza di gratitudine."Accanto alla mostra, verso la cantonata, è inoltre un bando degli Otto di guardia e balìa che proibisce di fare rumore nel raggio di cento braccia dal monastero. Dal numero civico 60 è stato a lungo l'ingresso della Scuola media Giosue Carducci. Differentemente dal prospetto su via della Colonna, questo lato non è stato oggetto del recente cantiere di restauro. Un'altra lapide ricorda la visita della giovanissima Teresa di Lisieux, che visitò Firenze nel 1887 col preciso intento di pregare sulla tomba di Maria Maddalena de' Pazzi, come riportano i suoi diari. Incontrò coi genitori lungo la strada Giovanni Papini, che le indicò il monastero e anni dopo narrò commosso il ricordo di quell'incontro, di cui si rese conto solo molti anni dopo. La santa, troppo giovane per essere accettata in un convento carmelitano secondo i suoi desideri, stava dirigendosi a Roma per ottenere una speciale dispensa a papa Leone XIII.La chiesa è preceduta da un atrio di epoca rinascimentale, progettato da Giuliano da Sangallo su commissione dei Salviati, con architravi poggianti su colonne ioniche e con volte a botte, sorrette da colonne in pietra serena. I capitelli furono scolpiti copiando un antico capitello classico in marmo giallo ritrovato a Fiesole e oggi conservato nel museo di Casa Buonarroti: ciò testimonia la grande passione del Sangallo per l'arte antiquaria. Spiccano i due archi a tutto sesto che si aprono al centro sui lati maggiori, uno che porta all'ingresso della chiesa, l'altro all'accesso sulla strada: questi arconi ricordano la soluzione di Brunelleschi nella Cappella Pazzi di Santa Croce.Questo "quadriportico" non è un chiostro, perché non era usato da monaci, infatti non vi si affaccia nessun ambiente tipicamente cenobitico (come il refettorio o la sala capitolare). Il vero chiostro del complesso è dietro la chiesa, nel Liceo Michelangelo.L'insieme del portico ha un aspetto elegante e sobrio tipico dell'architettura fiorentina. Il fianco destro è stato completato solo dopo l'alluvione del 1966 grazie all'interessamento del Comitato France-Italie (termine dei lavori 1968), come ricordano le due targhe alle estremità destra e sinistra per chi entra dal portale sulla via, in cui si legge:Altre due targhe si trovano ai lati del portale dell'accxesso della chiesa, una del 1457 e una del 1710. Poco distante si trova anche una memoria del livello dele acque raggiunto dall'alluvione del '66. Due affreschi staccati con le rispettive lunette sono agli angoli nord-est e sud-ovbest, opera rispettivamente di Matteo Rosselli e di Atanasio Fontebuoni.Appena a destra dell'ingresso principale su Borgo Pinti, è incassata tra il muro perimetrale e quello del porticato la Cappella di Santa Maria del Giglio. La piccola struttura risale all'epoca del chiostro, e venne fatta edificare dai cistercenti per le donne devote, che non erano ammesse alla chiesa principale se non due volte all'anno in celebrazioni speciali. Il patronato spettava alla famiglia Del Giglio, da cui il nome, ma la sua decorazione fu voluta da Nereo Neri che ne venne in possesso nel 1598, incaricando Bernardino Poccetti.In tale occasione il dipinto con il Martirio dei santi Nereo e Achilleo di Domenico Passignano e Ottavio Vannini andò a sostituire la grande pala d'altare di Cosimo Rosselli con l'Incoronazione della Vergine (1505), collocata oggi all'interno della chiesa nella seconda cappella di sinistra.L'interno della chiesa si presenta armonico nonostante i diversi interventi e i diversi stili succedutisi nei secoli. Ad aula unica, ha sei profonde cappelle per ciascun lato sul modello di San Salvatore al Monte, ed è intonacato di bianco con eleganti fregi architettonici in pietra serena in stile brunelleschiano. La navata è quattrocentesca, il presbiterio è seicentesco, mentre il soffitto e la seconda cappella a destra risalgono al Settecento.Sui fianchi si aprono sei arcate in pietra serena che corrispondono ad altrettante cappelle laterali; sui capitelli si possono ancora leggere alcuni stemmi di famiglie gentilizie che avevano il patronato della cappella. Ciascuna cappella presenta una volta a vela e una vetrata, tra le quali è particolarmente pregevole quella di San Lorenzo nella terza cappella a sinistra.Oltre le cappelle la fascia superiore della navata presenta affreschi a monocromo intervallati da dieci tele realizzate a partire dell'anno della canonizzazione di Santa Maria Maddalena dei Pazzi (1669-1670) con scene della sua vita; furono dipinte dall'estroso Cosimo Ulivelli e da altri pittori fiorentini.Il soffitto conserva il maestoso affresco della Glorificazione della santa opera sempre del 1699 di Jacopo Chiavistelli aiutato da Angiolo Gori.La Cappella Maggiore è uno dei capisaldi del barocco in ambito religioso a Firenze. Fu edificata a partire dal 1677 fino al 1685, per ospitare le reliquie della santa. Questa sorta di "cappella spettacolo", nella quale, come in una messa in scena, si combinano marmi policromi, bronzi, dorature, statue, affreschi e tele dipinte, è emblematica della sensibilità religiosa al tempo del granducato di Cosimo III de' Medici, non a caso promotore dell'impresa.Il progetto fu curato dal romano Ciro Ferri, allievo di Pietro da Cortona, e fu portato a compimento da Pier Francesco Silvani. La cupola presenta un affresco di un cielo illusionistico dove appare raffigurata l'Ascesa di santa Maria Maddalena de' Pazzi con tutti i santi fiorentini, opera di Pier Dandini del 1701.Tra le preziose colonne in marmi rossi e gialli furono inserite la pala centrale di Ciro Ferri stesso (Vergine e santa Maria Maddalena dei Pazzi, 1684) e le due pale laterali di Luca Giordano (Gesu e santa Maria Maddalena dei Pazzi e la Vergine presenta il Bambino a santa Maria Maddalena dei Pazzi, 1685). Le quattro sculture allegoriche in marmo di Carrara nelle nicchie vicine agli angoli sono a sinistra di Antonio Montauti (Innocenza, 1723, e Religione, 1738, terminata da Gaetano Masoni) e a destra di Innocenzo Spinazzi (Fede e Penitenza, 1781). I bassorilievi bronzei e i putti di marmno della fascia inferiore sono di Carlo Marcellini.