Galleria Palatina - Palazzo Pitti

Piazza dei Pitti 27. (Apri Mappa)
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Descrizione

La Galleria Palatina è un museo ospitato in Palazzo Pitti a Firenze. Si tratta della "galleria privata" dei Granduchi di Toscana: l'allestimento infatti rispetta il gusto delle quadrerie dei sec. XVII e XVIII, con i dipinti collocati su più file selezionati per criteri decorativi, e non per periodi o scuole. Cronologicamente, a parte qualche eccezione, i dipinti coprono soprattutto i secoli XVI e XVII.La Galleria Palatina conserva inoltre la maggior collezione di dipinti (esclusi affreschi) di Raffaello in Italia, la seconda al mondo dopo quella del Museo del Louvre, e la maggior collezione italiana di dipinti di Tiziano. È situata in alcuni fra i più bei saloni del Palazzo (dal quale deriva appunto il nome Palatina cioè del Palazzo), nel piano nobile. La superba collezione di dipinti esposta (oggi oltre 1000 quadri) è centrata sul periodo del tardo Rinascimento e il barocco, l'epoca d'oro del palazzo stesso, ed è il più importante esempio al mondo di quadreria , dove, a differenza di un allestimento museale moderno, i quadri non sono esposti con criteri sistematici, ma puramente decorativi, coprendo tutta la superficie della parete in schemi simmetrici, molto fedele all'allestimento originario voluto dal Granduca Pietro Leopoldo tra la fine del Settecento e l'inizio dell'Ottocento.In particolare in quel periodo si provvide a sistemare nel palazzo una parte delle opere dell'immenso patrimonio mediceo che non potevano essere tutte esposte agli Uffizi per ragioni di spazio fisico, lasciandovi, in linea di massima e con le dovute eccezioni, le opere del primo periodo del Rinascimento, fino ai primi del Cinquecento. Per questo la stragrande maggioranza delle opere è realizzata su tela, poiché la tecnica della pittura su tavola venne gradualmente abbandonata dalla seconda metà del Quattrocento, in quanto più laboriosa nella preparazione e che produceva opere ovviamente più pesanti e più difficilmente trasportabili e appendibili alle pareti, secondo le nuove mode.La sistemazione a quadreria esalta le bellissime cornici intagliate e dorate, mentre oltre che dai dipinti, le sale sono arricchite anche da sculture e pezzi di mobilio pregiato, come i tavoli e i cabinet magnificamente intarsiati di pietre dure secondo l'arte del commesso fiorentino, praticata fin dal Seicento dall'Opificio delle Pietre Dure.Lo stesso biglietto oggi dà accesso anche al museo degli Appartamenti monumentali e alla Galleria d'arte modernaIl fondo base del museo è composto da circa 500 dipinti che testimoniano il personale gusto collezionistico di vari componenti della famiglia Medici e che passarono nel 1743 alla città di Firenze per volontà testamentaria dell'ultima erede della dinastia Anna Maria Luisa de' Medici, che riuscì in questo modo a impedirne la dispersione, come accaduto invece ad analoghe raccolte di Roma o di Urbino, disperse o confluite in altre collezioni di paesi stranieri per via di complicate questioni ereditarie e dinastiche. A Palazzo Pitti erano anche conservate le eccezionali raccolte di Vittoria della Rovere, sposa del Granduca Ferdinando II e ultima erede dei duchi di Urbino, delle quali facevano parte un gran numero di tele di Raffaello e Tiziano.Pietro Leopoldo, come si è detto, nel suo programma di razionalizzazione di ogni aspetto della città, divise grosso modo le opere di pittura e scultura (antica e moderna) tra gli Uffizi e Palazzo Pitti, mentre le gemme, le curiosità naturalistiche e scientifiche divennero il nucleo originario del Museo di Storia Naturale.La prima apertura al pubblico risale al 1833, con un nucleo spiccatamente eccezionale di opere Raffaello, Andrea del Sarto e Tiziano, nonché tutti i maestri della scuola fiorentina tra Cinque e Seicento, notevoli esempi della scuola veneta coeva ed alcune famose opere di Caravaggio, Rubens e Van Dyck.Spesso i quadri a soggetto sacro, nati per abbellire gli altari di varie chiese, vennero acquistati sia dai Medici che dai Lorena in cambio di copie o di opere moderne fatte fare per l'occasione; tuttavia il cambio di collocazione, dalla chiesa al palazzo, comportava spesso una manomissione dei dipinti, con tagli ed aggiunte necessari a uniformare le dimensioni per creare composizioni di fantasiose geometrie sulle pareti. Spesso quadri di epoche ed autori diversi venivano accostate in pendant per il loro tema, o per la composizione delle scene, o più semplicemente per la similarità estetica.La galleria si trova al primo piano nel braccio sinistro del palazzo, dove si trovano alcune della sale più belle dell'intero complesso. Dopo il maestoso scalone dell'Ammannati, si arriva alle sale che venivano per lo più usate dal Granduca, sia per la residenza privata, sia per le udienze pubbliche. Il percorso espositivo inizia nel vestibolo e prosegue con alcune sale dedicate alla scultura (interessanti i busti dei granduchi, soprattutto di Cosimo I ritratto come un imperatore romano) e al mobilio antico, come la sala degli Staffieri, la Galleria delle Statue e la sala del Castagnoli,oltre la quale a sinistra inizia la galleria vera e propria. Le sale seguenti prendono il nome dal tema degli affreschi che le decorano sulle volte. Il ciclo è dedicato alla mitologia greco-romana, ma celebra anche la dinastia di casa Medici secondo un preciso e articolato sistema simbolico. In particolare i soggetti mitologici rappresentano degli esempi che alludono al tema della Vita e educazione del Principe, e rappresentano un'opera fondamentale del barocco a Firenze, che produssero profonda influenza sugli artisti locali dal Seicento in poi. Gli affreschi delle prime cinque sale furono realizzati dal più celebre artista dell'epoca, Pietro da Cortona, mentre le altre sale sono opera di artisti neoclassici della prima metà dell'Ottocento.Baldassarre Franceschini, detto il Volterrano, fu pittore di corte nel Seicento ed affrescò la sala detta Delle Allegorie, anche se anche i quattro ambienti successivi vengono generalmente indicati con il suo nome. Queste sale, che danno sul maestoso cortile interno dell'Ammannati, non erano usati come galleria originariamente, ma furono adibiti a questo scopo solo nel 1928 quando si resero necessari nuovi spazi per ospitare opere provenienti soprattutto dalla soppressione di monasteri e chiese.La Sala di Psiche dedicata interamente all'opera del grande vedutista napoletano Salvator Rosa, vissuto nel Seicento. Fra le opere più importanti la Selva dei filosofi e la Battaglia fra turchi e cristiani.Segue la Sala della Musica, dalla decorazione neoclassica, detta anche dei Tamburi per via della curiosa forma cilindrica dei mobili.Per accedere alle sale seguenti si deve tornare indietro fino alla Sala di Prometeo, quindi si entra nella Sala del Poccetti, dal nome di Bernardino Poccetti che la affrescò quando era una loggia aperta, mentre oggi è chiusa e ospita opere seicentesche.La sala è dedicata al primo rinascimento fiorentino, con innanzitutto un capolavoro di Filippo Lippi, il Tondo Bartolini (Madonna con Bambino) (1450 circa), di delicata armonia tipica della maturità dell'artista, e con alcune pitture di Botticelli e della sua bottega.Si trova qui anche la Sacra Famiglia con una santa, un tondo di Luca Signorelli. Il primo manierismo toscano è rappresentato dall'Adorazione dei Magi (1523) e dagli Undicimila martiri (1530 circa) di Jacopo Pontormo.Il Corridoio delle Colonne contiene diverse opere di piccolo formato di scuola olandese e fiamminga dei secoli XVII e XVIII, collezionate spesso dalle corti europee per il loro minuto realismo e squisita fattura.Questa sala ospita soprattutto pittura veneta del XVI secolo, come il Ritratto del Mosti, opera giovanile di Tiziano dove già risplendono i virtuosismi coloristici del grande pittore, o il Ritratto di gentiluomo (1570 circa) di Paolo Veronese.La sala, dedicata alla scuola fiorentina del Cinquecento, è stata riallestita e le sue opere spostate altrove.Sono qui raccolte soprattutto opere olandesi e fiamminghe, come le Tre Grazie a monocromo (1620-1623 circa) di Rubens, realizzato su tavola con la tecnica del monocromo, cioè solo con il chiaroscuro, o le miniature ingrandite della serie delle Nature morte di fiori e frutta di Rachel Ruysch (1715-1716).Anche qui spicca una notevole opera di Raffaello, la Madonna dell'Impannata (1514 circa) eseguita durante il soggiorno romano dell'artista. Qui si trova anche uno dei rari capolavori quattrocenteschi della galleria, la Morte di Lucrezia, opera giovanile di Filippino Lippi.Questa stanza era la camera da letto del Granduca e la sua funzione è in qualche modo richiamata dall'Amore dormiente di Caravaggio, dove il soggetto classico del Cupido addormentato è realizzato con un inconsueto realismo, dato dal forte contrasto fra luci ed ombre.Collocata accanto alla camera da letto conteneva le condutture del sistema di riscaldamento e che fungeva da stanza per la toeletta e per l'abbigliamento del Granduca. Straordinari sono qui gli affreschi di Pietro da Cortona con le Quattro età dell'uomo (1637), opera fondamentale del barocco in città, che diede nuovo impulsa alla scuola pittorica fiorentina.In questa zona si trova l'accesso a uno scalone monumentale iniziato da Pasquale Poccianti nel 1831 e interrotti nel 1835, senza essere ripresi. Solo nel 1892 lo scalone fu riprogettato da Luigi del Moro e completato nel 1897. La sala ospita la vasca di una fontana proveniente dalla villa di Castello, importante lavoro scultoreo attribuito ad Antonio Rossellino e Benedetto da Maiano, con interventi e rifacimenti successivi.La sala è stata l'ingresso della Galleria dal 1849, quando i visitatori accedevano dalla porta accanto al cancello del Giardino di Boboli, adiacente al Rondò di Bacco. Deve il suo nome alla monumentale vasca ("tazza") in porfido, del II secolo, arrivata a Firenze da Villa Medici. Due colonne dello stesso materiale, che ornano la parete di fondo, foruno invece acquistata da Francesco I de' Medici e sistemate originariamente a decorare una fontana nel parco della villa di Pratolino; risalgono alla prima età imperiale.La sala è decorata con gusto spiccatamente neoclassico, rivelando la datazione degli ornamenti di fine del Settecento di Luigi Sabatelli e aiuti. Anche qui un'opera di Raffaello, La Gravida (1506 circa), dai brillanti colori esaltati dallo sfondo nero, tipico della pittura fiamminga coeva. Sono inoltre esposte due opere di Andrea del Sarto, l'Assunta Passerini (1526) e l'Assunta Panciatichi (1522-1523), opere del periodo tardo e più solennemente monumentale della pittura dell'artista fiorentino, il Ritratto di Valdemaro Cristiano, Principe di Danimarca di Giusto Suttermans e il Battesimo di Cristo di Paolo Veronese (1575 circa).Qui è situato il più consistente nucleo di opere di Raffaello, che permette di ripercorrere diversi periodi e stili della sua attività: dalla Madonna del Granduca (1506 circa) ancora legata alle vicende artistiche di Pietro Perugino e di Leonardo, ai Ritratti di Agnolo e di Maddalena Doni (1506-1507), di grande forza psicologica, all'incompiuta Madonna del Baldacchino, fino alle opere della piena maturità stilistica come il Ritratto di Tommaso Inghirami (1510 circa) e la famosissima Madonna della Seggiola (1513-1514 circa) di grande tenerezza e sublime nella stesura della pittura, monumentale e al tempo stesso dolce scena familiare. Completa la eccezionale serie la Visione di Ezechiele, un'opera più tarda del 1518, dalla spiccatissima composizione monumentale, secondo lo stile romano del pittore che tanto influenzerà gli artisti successivi legati alle scuole del classicismo e del barocco.Altre opere importanti nella sala sono il Compianto sul Cristo morto (1495) di Pietro Perugino, maestro di Raffaello, il Salvator Mundi di Fra Bartolomeo (1516) e due dipinti di Andrea del Sarto: la Disputa sulla Trinità del 1517 circa e l'Annunciazione.Una delle più belle sale del palazzo, in origine era destinata al trono del granduca. Autentici capolavori decorano le pareti, come la Velata di Raffaello (1516), ideale femminile di bellezza, forse ritratto della celebre Fornarina sua amante, e le Tre età dell'uomo (1500 circa), uno dei rarissimi quadri di Giorgione, maestro indiscusso della scuola veneta del Rinascimento.Qui sono concentrate anche le tele di scuola toscana del primo Cinquecento, come il Compianto sul Cristo morto di Fra Bartolomeo (1511-12 circa), un'Annunciazione coeva, opera del secondo periodo artistico di Andrea del Sarto (quello più legato all'arte di Michelangelo), e il San Giovanni Battista (Andrea del Sarto) dello stesso autore, con chiari influssi della statuaria classica. Agnolo Bronzino è qui rappresentato dal Ritratto di Guidobaldo della Rovere (1530-32), mentre la tavola delle Tre Parche, risalente al 1537 circa, fu in passato attribuita a Michelangelo, ma oggi si crede più probabile che sia l'opera di un seguace, probabilmente Francesco Salviati.In questa sala sono collocati due capolavori di Rubens: le Conseguenze della guerra (1638), un'allegoria grandiosa in sintonia con il tema degli affreschi di Pietro da Cortona sul soffitto, e i Quattro filosofi, di grande intensità. Entrambe le tele sono ricche di citazioni letterarie e filosofiche e vi compaiono spesso figure della mitologia classica.Corredano la sala anche una serie di ritratti, fra i quali i più importanti sono di Van Dyck, Tiziano, Tintoretto e Paolo Veronese.Domina la sala una grande pala con la Sacra Conversazione di Rosso Fiorentino (1522), il più importante artista fiorentino del primo manierismo assieme a Jacopo Pontormo, la cui tela fu ampliata in epoca barocca per essere adattata alla cornice.. Qui si trovano anche due opere di Andrea del Sarto, la Pietà di Luco (1523-1524), maestosa ed equilibrata, e la Sacra Famiglia Medici, uno dei suoi ultimi lavori, mentre altre due opere di Tiziano sono esposte vicino: l'Uomo dagli occhi glauchi (1540 circa) e la famosa Maddalena penitente, anteriore al 1548 e molto copiata dagli artisti che ebbero modo di ammirarla.Si trovano qui anche altre importanti opere della scuola veneziana, come il Ritratto di Vincenzo Zeno di Tintoretto, la Ninfa e il satiro di Dosso Dossi (in realtà il titolo tradizionale è incorretto perché si tratta di una scena ispirata dall'Orlando Furioso).L'Ospitalità di san Giuliano (1612-1618 circa) esemplifica lo stile monumentale del fiorentino Alessandro Allori, mentre la Risurrezione di Tabita del giovane Guercino e la Cleopatra, opera matura di Guido Reni, mostrano la grandiosità della scuola bolognese del Seicento.Anche l'arte fiamminga è qui ben rappresentata dal celebre Doppio ritratto di Carlo I d'Inghilterra e di Enrichetta di Francia ispirato a Van Dyck, dal Ritratto dell'infanta Isabella Clara Eugenia di Spagna in abito di clarissa di Rubens (1625), e dal Ritratto della Granduchessa Vittoria della Rovere di Giusto Suttermans (1640 circa).Oltre al movimentato affresco sulla volta di Pietro da Cortona, dedicato all'operato di Venere e Cupido, qui si conserva una famosa Venere italica di Antonio Canova. Sono ben quattro i capolavori di Tiziano: Concerto, opera giovanile, Il Ritratto di Giulio II, copiato da Raffaello (opera alla National Gallery di Londra), ma diverso nei risultati soprattutto legati al magistrale uso del colore tipico di Tiziano, La Bella, dipinto per il duca di Urbino (1536), e il Ritratto di Pietro Aretino, (1545) dove si manifesta appieno la ricchezza cromatica e la complessità stilistica delle opere della maturità del maestro, per esempio con il contrasto tra i rossi della barba e il blu della veste che esalata la figura e da una sfumatura inquietante al personaggio, girato schivamente di profilo.Non potevano mancare nella sala un rimando a Rubens, maestro ideale di Pietro da Cortona e equivalente fiammingo di Tiziano, infatti qui sono collocati due suoi grandiosi e solenni paesaggi, il Ritorno dei contadini dai campi e Ulisse nell'isola dei Feaci. Infine sono degne di nota due marine (Marina del Faro e Marina del Porto) dipinte tra il 1640 e il 1649 dal celebre paesaggista napoletano Salvator Rosa.