Museo Archeologico Nazionale

Piazza della Santissima Annunziata. (Apri Mappa)
(75)

Descrizione

Il Museo archeologico nazionale di Firenze si trova nel palazzo della Crocetta che risale al 1620, costruito da Giulio Parigi come residenza della principessa Maria Maddalena de' Medici, in piazza Santissima Annunziata 1.Il museo raccoglie il meglio degli scavi di tutta la Toscana, con importantissimi reperti etruschi e romani, ma anche raccolte relative ad altre civiltà, come un'importante sezione egizia e una di vasi greci trovati spesso in tombe etrusche, a testimonianza dei numerosi scambi commerciali nel Mediterraneo.Fu inaugurato come "Museo etrusco" alla presenza del re Vittorio Emanuele II nel 1870 nei locali del Cenacolo di Fuligno in via Faenza e comprendeva solo i reperti etruschi e romani. Presto con l'aumento delle collezioni si rese necessaria un'altra collocazione e dal 1880 fu trasferito nell'odierna sede, unendosi al "Museo egizio". Il palazzo ebbe presumibilmente un restauro nel 1883-1884 ad opera dell'architetto Emilio De Fabris, in concomitanza con il riordino delle collezioni e il nuovo allestimento voluto dall'allora direttore, Luigi Adriano Milani. Nel 1897 fu inaugurata la sezione del Museo Topografico, sempre voluta dal Milani, a illustrare la storia degli Etruschi attraverso i materiali raccolti nel corso degli scavi. All'origine delle collezioni ci sono le raccolte medicee e lorenesi, trasferite a più riprese dagli Uffizi fino al 1890 (tranne la statuaria in marmo che ancora lì si trova). La sezione egizia invece fu costituita nella prima metà dell'Ottocento sia attraverso acquisizioni di Pietro Leopoldo di Toscana, sia attraverso una spedizione promossa dallo stesso granduca nel 1828-29 dal toscano Ippolito Rosellini insieme al francese François Champollion, colui che decifrò i geroglifici. Nel 1887 fu inaugurato anche un museo topografico sulla civiltà etrusca, ma andò distrutto durante l'alluvione del 1966. Nel giardino, aperto al pubblico dal 1902, furono ricostruite con materiali originali alcune tombe monumentali. Nel periodo della direzione di Antonio Minto il museo fu ulteriormente riconfigurato e ampliato ad occupare anche il secondo piano (1925). Nel 1942, poi, sempre per esigenze di spazio, fu acquistato l'edificio su via della Colonna, già pertinenza dell'Ospedale degli Innocenti, dove fu realizzato un nuovo ingresso dal lato della piazza della Santissima Annunziata. Drammaticamente colpito dall'alluvione del 4 novembre 1966 (che portò alla distruzione del Museo Topografico) l'edificio fu interessato da alcuni interventi tra il 1967 e il 1970 e quindi da un importante cantiere di restauro tra il 1984 e il 1988, su progetto e direzione dei lavori dell'architetto Bruno Pacciani. Nel 2006 in occasione del quarantennale dell'alluvione si è finalmente concluso il ripristino delle sale al primo piano e riportato l'ingresso sulla piazza (era stato fino ad allora in via della Colonna). I saloni vicino all'ingresso sono stati destinate alle esposizioni temporanee e si è iniziato un riallestimento generale delle collezioni, che ha già dato i suoi frutti nella sezione greca al primo e al secondo piano. Si è scelto di sfoltire le sale, dando un maggior respiro ai capolavori, resi fruibili con più suggestione grazie ad uno studiato sistema di illuminazione che crea zone di luce e di ombra. Gradualmente si è dato il via anche all'ammodernamento della sezione etrusca e delle sale vicine al vecchio ingresso e prospicienti al giardino. Nei depositi restano comunque più di centomila oggetti di valore, per i quali sarà difficile trovare un posto nel percorso espositivo. Un altro punto debole che si riscontra a Firenze è la generale messa in secondo piano dell'archeologia da parte del sentire cittadino, forse più legato al passato medievale e rinascimentale.Situata al primo piano subì gravi danni durante l'alluvione di Firenze del 1966. Il restauro dei reperti ha occupato tutto il quarantennio successivo ed oggi, dal 2000 circa, è finalmente stato completato, anche se rimangono ancora da riparare una parte degli ambienti espositivi, per questo ancora inaccessibili.Il pezzo forte della collezione è senza dubbio la Chimera d'Arezzo, una delle più famose opere della civiltà etrusca (IV secolo a.C.), un plastico bronzo raffigurante la mitica fiera leonina, che fu restaurata da Francesco Carradori nel 1785, il quale ricostruì la coda serpentina che mordeva la testa di capra sul dorso, mentre entrambe avrebbero dovuto rivolgersi minacciose verso l'osservatore. Fu trovata in una campo vicino ad Arezzo nel 1553 e presentata a Cosimo I dal Vasari. Sulla zampa anteriore destra presenta un'iscrizione.L'altro bronzo celebre del museo è la statua a tutto tondo dell'Arringatore (I secolo a.C.), ritratto del nobile etrusco Aule Metelle con la toga romana, mentre alza il braccio verso l'osservatore e l'ipotetica folla, venuto alla luce nel 1566 probabilmente nei pressi del lago Trasimeno. Gran parte degli altri reperti riguarda soprattutto la scultura funeraria, come la Mater Matuta (460-450 a.C.) rinvenuta a Chianciano Terme, una scultura di una donna seduta con un bambino in grembo che rappresenta la dea dell'Aurora (l'opera è stata restituita a Chianciano), oppure l'urna in alabastro chiamata del Bottarone, dal nome del sito di ritrovamento vicino a Città della Pieve, con due figure scolpite di uomo sdraiato e donna seduta, di notevole effetto plastico e con tracce di policromia originale (oggi collocata presso l'ingresso). Il sarcofago di Larthia Seianti (II secolo a.C.) è in terracotta con eccezionali tracce di policromia e proviene da Chiusi: rappresenta una donna patrizia di alto rango, sdraiata sul triclinio che con un gesto della mano si aggiusta il velo sulla testa. Vicino è esposto anche un coperchio d'urna con defunto e demone dell'oltretomba, in pietra fetida, rinvenuto a Chianciano Terme.La grande Anfora di Baratti (IV secolo), realizzata in argento e decorata con circa 130 immagini di dei e di eroi, è stata restituita da qualche anno a Piombino.Sono da segnalare anche il Sarcofago delle Amazzoni (IV secolo a.C.) e quello detto dell'Obeso da Chiusi, (II secolo a.C.). Numerose sono le urnette cinerarie di età ellenistica (sala IX e X) in terracotta e alabastro, provenienti da Chiusi e Volterra (Urnetta con scena di banchetto). Nella sala successiva cippi e urnette in pietra fetida, decorati da bassorilievi che illustrano i rituali funebri (Chiusi, VI-V secolo a.C.); da Tuscania e Bolsena arrivano i due leoni funerari (IV e VI secolo a.C.); da Norchia parte di un frontone di una "tomba a tempio" d' età ellenistica, rara tipologia tombale attestata a Norchia da due soli esemplari ancora in situ.Nell corridoio le vetrine ospitano numerosi bronzetti votivi etruschi, di uso disparato, divisi per tipologia. In una piccola sala sono esposti gli specchi etruschi decorati a bulino, armi, elmi e corazze.Nel giardino sono state ricomposte, con materiali il più possibile originari, alcune tombe etrusche, fra le quali spicca la Tomba Inghirami di Volterra, con le urne in alabastro originarie.Fra le opere più interessanti il bronzo dell'Idolino di Pesaro, statua di giovinetto alta 146 centimetri, copia romana di un originale greco-classico che fu trovata in frammenti al centro di Pesaro nell'ottobre 1530 in quella che era una residenza senatoria, e che arrivò a Firenze nel 1631 con l'eredità di Vittoria Della Rovere; questa scultura, dal basamento rinascimentale, ispirò molti artisti del periodo del Cinquecento e oggi ha trovato una suggestiva collocazione al termine della galleria del secondo piano. Interessanti è il torso di Livorno, forse copia di un originale greco del V secolo a.C.Di grande realismo è la testa bronzea cosiddetto di Treboniano Gallo, opera tarda del III secolo.Importante è anche il bronzo della Minerva d'Arezzo, originale capolavoro etrusco recentemente finito di restaurare. Altre sale ospitano accanto a materiali decorati etruschi, lucerne, pesi e basette romani. Notevole è anche la collezione cammei romani collezionati dai Medici e dai Lorena, accanto a esemplari rinascimentali e di oreficeria granducale come termine di confronto (la gran parte di queste collezioni si trova al Museo degli Argenti di Palazzo Pitti). La collezione di ceramiche attiche è molto vasta e comprende una grande sala con numerose vetrine al secondo piano. Per lo più i pezzi provengono da tombe etrusche e sono frutto degli scambi con la Grecia, in particolare con Atene (luogo di produzione della maggior parte dei reperti) e risalgono al periodo tra il VI e il IV secolo a.C.Fra i vasi più importanti il cosiddetto Vaso François, dal nome dell'archeologo che lo scoprì nel 1844 in una tomba etrusca a fonte Rotella, vicino Chiusi, un grande cratere a figure nere firmato dal vasaio Ergotimos e dal pittore Kleitias, che riporta una serie impressionante di racconti della mitologia greca su sei file di figure, datato attorno al 570 a.C. Altre opere notevoli sono le coppe dei Piccoli Maestri (560-540 a.C.) così denominate dal miniaturismo dei ceramografi che le dipinsero, e un'hydria a figure rosse firmata dal pittore di Meidias (410-400 a.C.).Tra le sculture i due kouroi dell'Apollo e dell'Apollino Milani (VI secolo a.C.) dal nome del donatore. Pure greci sono il torso d'Atleta (V secolo a.C.) e la grande Testa Equina ellenistica (o testa del cavallo Medici Riccardi dalla primitiva collocazione nel palazzo Medici Riccardi) frammento di una statua equestre che ispirò Donatello e Verrocchio nei due celebri monumenti di Padova e Venezia. Nel corridoio sono esposti due kouroi arcaici in marmo.La raccolta è seconda in Italia solo al Museo egizio di Torino, e, alloggiata in alcune sale decorate in maniera speciale al primo piano, trae origine dalle collezioni Nizzoli e Schiapparelli e dalla campagna di scavi di Ippolito Rosellini e François Champollion. Tra le altre acquisizioni, importante fu quella dei papiri provenienti dagli scavi del 1934-39. I reperti coprono molte delle attività quotidiane dell'Antico Egitto, con oggetti anche in materiali fragili come il legno, il tessuto e l'osso. L'esposizione è in corso di graduale risistemazione, privilegiando criteri cronologici e topografici piuttosto che tematici. L'epoca preistorica dell'Antico e Medio Regno è documentala da selci, vasi e stele. Fra le opere più interessanti i modelli di due servitori, la macinatrice di grano e la donna che fa la birra risalenti dell'antico regno. Nella sala successiva è esposto il pregevole ritratto femminile proveniente dalla necropoli di Al-Fayum, un celebre rilievo con scribi dalla tomba del faraone Haremhab a Saqqara, e lo straordinario è il carro da guerra o da caccia, quasi intatto in osso e legno, risalente al XV secolo a.C., trovato vicino a Tebe assieme a tessuti, cordami, mobili, copricapi, borse e ceste. Risalgono allo stesso periodo il rilievo raffigurante la dea Maat, dalla tomba del faraone Sethy I nella valle dei re, il calice di faience a bocca quadrata (due soli esemplari al mondo) e numerosi esempi di statuette e oggetti legati alla vita quotidiana.La Sala VIII è dedicata all'epoca finale della civiltà egizia e mantiene l'originale allestimento dell'ottocento. Particolarmente interessante è il corredo dalla tomba di una nutrice della figlia del faraone Taharqa (XXV dinastia) con due sarcofagi. È esposto qui anche l'involucro del corpo della donna chiamata Takherheb, in tela stuccata coperta di foglia d'oro.L'arte copta è documentata dagli scavi dell'Istituto Papirologico Fiorentino ad Antinoe, fondata dall'Imperatore Adriano nel Medio Egitto. Tra i reperti una ricca collezione di stoffe (tuniche, cuffie, calzini, frammenti di decorazione e un mantello di seta) e numerosi oggetti legati alla vita quotidiana o alle usanze funebri.La sezione numismatica del Museo ("Monetiere"), contiene una delle raccolte numismatiche più rilevanti e antiche d'Italia.Il primo nucleo della collezione numismatica era sicuramente già presente nella raccolta di antichità iniziata da Lorenzo il Magnifico e, arricchito da vari membri familiari, faceva parte dell'immenso patrimonio artistico di famiglia che l'Elettrice Palatina Anna Maria Luisa, ultima discendente dei Medici, donò, alla sua morte, nel 1743, allo Granducato di Toscana a condizione che non fosse mai alienato da Firenze e che rimanesse per ornamento dello Stato, per utilità del pubblico e per attirare la curiosità dei Forestieri.Alla fine del Settecento una prima catalogazione delle monete venne effettuata da Giuseppe Pelli che pubblica una catalogo in 19 volumi. Nel 1773, Joseph Eckhel contribuì a riorganizzare la sezione classica.Nel 1841 venne nominato Direttore delle Collezioni di antichità granducali Arcangelo Michele Migliarini che rinnovò l'opera del Pelli producendo un nuovo catalogo della collezione.A partire del 1874, in occasione della nomina a direttore del museo di Luigi Adriano Milani, il monetiere si arricchì ulteriormente grazie all'acquisto di importanti collezioni e di tesoretti.Nel corso delle successive Direzioni, pur non perpetuandosi l'uso di acquisire nuovi nuclei di monete dalle vendite all'asta, la collezione numismatica si arricchì grazie a scavi in diverse località del territorio di competenza della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana.La collezione del monetiere consta di circa 80.000 pezzi e in particolare conserva la più popolosa raccolta di monete etrusche al mondo (1173 pezzi).Dal 2009 è iniziata la fase di digitalizzazione di tutti i pezzi e la creazione di un catalogo online della collezione anche grazie al lavoro di volontari.Il museo dispone di numerosissimi reperti anche di altre culture, come quella dei Paleoveneti, dei Villanoviani, dell'antica Anatolia, dell'Alto Medioevo (Piatto di Ardaburio Aspare, 434) e opere rinascimentali ispirate all'antico (come i bronzi della Meloria) o le statuette bronzee composte a partire da frammenti antichi, alcune di mano di Benvenuto Cellini.