Museo Horne

Via dei Benci 6. (Apri Mappa)
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Descrizione

Il Museo Horne in via de' Benci 6 a Firenze è un museo minore della città, che ricostruisce alcuni ambienti di una tipica abitazione fiorentina antica, con numerosi pezzi d'antiquariato, sculture e soprattutto una notevole collezione di dipinti su tavola del Tre e Quattrocento.Fondato dal lascito di Herbert Percy Horne, uno storico dell'arte inglese che visse buona parte della sua vita a Firenze in questa dimora, accumulandovi le sue collezioni iniziate fin dal 1894, il museo testimonia sia l'arte e la vita quotidiana di questa città a cavallo fra medioevo e Rinascimento, sia il corso del mercato antiquario della fine dell'Ottocento (quando si formarono ancora alcuni dei grandi musei mondiali, grazie al fatto che ancora circolassero sul mercato veri capolavori), sia l'amore per Firenze della comunità inglese, che in quel periodo arrivò a contare una larga parte della popolazione, ridisegnando un'immagine romantica per la città e proteggendone il patrimonio artistico, minacciato dall'epoca del cosiddetto Risanamento.Il palazzo sorge in una zona in antico segnata dalle case della famiglia Fagni, poi passate nel 1346 agli Alberti. Questi ultimi fecero costruire una più ampia casa corte mercantile, eretta verosimilmente attorno alla metà del XIV secolo (ante 1357).Nel 1489 tale edificio fu ceduto a Simone e Luigi di Jacopo Corsi e nel 1495-1502 fu da questi ampliato e ristrutturato secondo i dettami rinascimentali. Il progetto è stato attribuito a Giuliano da Sangallo (da Horne, con elementi scultorei di Andrea Sansovino), e in seguito da Adolfo Venturi seguito da un maggior numero di studiosi, a Simone del Pollaiolo detto il Cronaca, coadiuvato nel cantiere da Baccio d'Agnolo e da un maestro vicino a Benedetto da Rovezzano per gli elementi scultorei. I fornici al piano terreno furono tamponati ad eccezione di uno, lungo via de' Benci, dove fu ricavato l'attuale ingresso, le bugne furono mantenute solo presso la cantonata e isolate sulla superficie ad intonaco dei prospetti, una 'panca di via' posta a perimetrare il palazzo. Ai piani superiori furono rimodellate le finestre (quattro per piano su ogni prospetto), anch'esse centinate e bugnate, e fu realizzata una nuova bugnatura angolare, sempre più liscia e meno risaltata rispetto a quella del piano inferiore. Il cortile interno fu poi dotato di un ampio portico lungo il lato settentrionale, caratterizzato da belle colonne in pietra serena e con una tipica volta unghiata. Così ammodernato il palazzo non servì tuttavia quasi mai da residenza dei proprietari: nel 1589 ne era affittuario Gino di Filippo Rinuccini; nella seconda metà del XVIII secolo era abitato dai Nencini, che l'acquistarono poi nel 1812.Passato nella prima metà dell'Ottocento ai Fossi, il palazzo fu oggetto di una "sopredificazione al secondo piano", tra il 1832 e il 1849, per volere del marchese Antonio. Fu poi venduto nel 1896 dal marchese Federico ai Burgisser e solo nel 1912 fu acquistato da Herbert P. Horne dopo aver saggiato più palazzi fiorentini, come il Palazzo da Cintoia.Horne, dal 1912 al 1915, promosse e coordinò un impegnativo intervento di restauro del palazzo secondo l'aspetto che avrebbe dovuto avere nel primo Rinascimento,con l'ausilio dell'ingegner Eugenio Campani: eliminò i tramezzi, le superfetazioni e le tamponature effettuate nei secoli precedenti, ridando così leggibilità e valore all'edificio rinascimentale, con una zona lavoro al piano terra, una cantina-magazzino interrato (raggiungibile da una scala percorribile da cavalli e animali da soma), il piano nobile con gli appartamenti padronali, e infine un secondo piano con le cucine (di solito ivi collocate perché i fumi non attraversassero al casa) e gli ambienti della servitù.Dopo la morte di Horne (1916) il palazzo fu ceduto per lascito testamentario al Comune di Firenze, affinché fosse costituita una fondazione che curasse le opere d'arte in esso custodite e le rendesse fruibili al pubblico. L'apertura del Museo della Fondazione Horne avvenne nel 1921, grazie all'impulso di due amici di Horne, Giovanni Poggi e Carlo Gamba Ghiselli. Quest'ultimo, in particolare, fu presidente della fondazione e curatore del museo dalla morte di Horne fino alla propria (1963), ed a lui si deve l'allestimento generale delle collezioni quale esso si presenta ancora oggi.Già interessato da alcuni lavori di completamento eseguiti tra il 1921 e il 1922 con un finanziamento del Ministero della Pubblica Istruzione (funzionali a renderlo accessibile come museo), fu sottoposto a un intervento di consolidamento di alcune strutture e di restauro della loggia dell'ultimo piano tra il 1954 il 1958 per le cure dell'architetto Guido Morozzi della Soprintendenza ai Monumenti.Il museo subì gravissimi danni durante l'alluvione di Firenze (4 novembre 1966), essendo situato in una delle zone più "basse" e quindi più duramente colpite dalla sciagura. Sebbene riaperto solo dieci anni dopo, i lavori di restauro dell'edificio e delle collezioni poterono dirsi conclusi solo nel 1989. Il nuovo allestimento del piano terreno e del secondo piano fu diretto da Ugo Procacci e Luciano Bellosi, aggiornato da ulteriori e significativi interventi in anni recenti grazie al sostegno di realtà pubbliche e private. Tra il 1997 e il 2000 sono state restaurate le facciate del palazzo per le cure dell'architetto Marinella Del Buono della Soprintendenza per i Beni Ambientali e Architettonici, e nel 2004 gli intonaci dei prospetti interni (architetto Fulvia Zeuli). Nello stesso anno si è concluso il complesso intervento di recupero del piano seminterrato su progetto dell'architetto Antonio Fara e con il determinante contributo dell'Ente Cassa di Risparmio di Firenze.Il palazzo appare nell'elenco redatto nel 1901 dalla Direzione Generale delle Antichità e Belle Arti, quale edificio monumentale da considerare patrimonio artistico nazionale, ed è sottoposto a vincolo architettonico dal 1913.Il palazzo si trova all'angolo tra via de' Benci e corso Tintori, e per questo motivo venne decorato da due facciate simmetriche, a due piani con quattro finestre ciascuno. La cantonata è evidenziata dal bugnato regolare, mentre lungo la linea dei davanzali corrono delle semplici cornici marcapiano.Guardando la cantonata dell'edificio si evidenziano chiaramente i punti dove si impostano gli archi a delimitare gli originari fornici terreni. Sul fianco di corso dei Tintori, al limitare dell'edificio, è uno scudo moderno realizzato dall'ornatista Averardo Tosetti su disegno di Herbert Horne e posto nel 1915 con l'arme dei Fossi (troncato: nel 1° d'oro, all'aquila al volo abbassato di nero; nel 2° d'argento, alla fascia di rosso caricata di un rametto di cedro fruttato d'oro, posto rivolto nel senso della pezza). Sul fronte di via de' Benci, in prossimità della cantonata, è l'arme degli Alberti (d'azzurro, a quattro catene d'argento moventi dai quattro angoli dello scudo e riunite in cuore per un anello dello stesso), sempre moderna (1915).Nell'androne è lo scudo (ricollocato da Herbert Horne) con tracce evidenti di policromia con l'arme dei Corsi (trinciato di verde e di rosso, al leone dell'uno all'altro, e alla banda attraversante d'argento).All'interno gli ambienti sono disposti attorno a un piccolo cortile, porticato su un lato, secondo un gioco continuo di pieni e vuoti, con due colonne sormontate da capitelli di particolare pregio, attribuiti alla bottega di benedetto da Rovezzano. È arricchito da e da fasce decorative pittoriche a imitazione del graffito. Vi si aprono delle monofore a tutto sesto, profilate da cornici in pietra serena e, al primo piano, sormontate da oculi. I piani superiori sono segnati da una fascia marcapiano decorata da pitture a imitazione del graffiti con estrosi motivi vegetali; vi si trovano due ballatoi a loggia e, più in alto, una terza loggia arretrata corre lungo tre lati.Il capolavoro del museo è la notevole tavola di Giotto del Santo Stefano, capolavoro dell'ultima fase della sua produzione artistica. Sono inoltre esposte una Madonna col Bambino attribuita a Simone Martini, una Madonna di Bernardo Daddi, una Sacra Famiglia del Beccafumi, un Cristo in pietà di Filippo Lippi, un trittico con i Santi Leonardo, Caterina d'Alessandria e Margherita di Pietro Lorenzetti, l'Allegoria della Musica di Dosso Dossi e uno stucco policromo (particolare connubio fra pittura e bassorilievo tipico di Antonio Rossellino), dedicato alla Madonna dei Candelabri. È presente anche una piccola tavola piuttosto rovinata, ma che costituisce una delle rarissime opere di Masaccio, ovvero un frammento della predella con le Storie di san Giuliano dal Trittico Carnesecchi.Alcune opere, particolarmente fragili, sono state trasferite in altra sede, come la collezione dei disegni (XVII e XVIII secolo) che è confluita negli Uffizi.Il museo conserva numerosi tavoli, sedie, cassoni e cassapanche rinascimentali, pregevoli ceramiche decorate, paioli e utensili da cucina originali dell'epoca, e altre collezioni eclettiche come quella dei mazzi di carte antichi, delle monete o dei sigilli.Elenco completo di pitture, sculture e arredi, con qualche oggetto d'arte applicata. Sono escluse monete, medaglie, placchette, codici miniati, disegni, utensili antichi e la maggior parte degli oggetti d'arte applicata in generale.