Museo Nazionale del Bargello

Via del Proconsolo 1. (Apri Mappa)
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Descrizione

Il Museo nazionale del Bargello è il più rilevante museo italiano di scultura, ed il più importante al mondo per la scultura rinascimentale. Sito in via del Proconsolo 4 a Firenze, conserva capolavori di Michelangelo, Donatello, Ghiberti, Cellini, Giambologna, Ammannati ed altri importanti scultori. Consrva inoltre una grande raccolta di arti applicate, quest'ultime divise principalmente per tipologia. Il nome deriva dal palazzo del Bargello, detto anche palazzo del Popolo.Con la costituzione di Firenze a libero comune e la creazione della figura del capitano del popolo, venne costruito il palazzo più tardi detto del Bargello. Il primo nucleo, affacciato su via del Proconsolo, già iniziato nel 1255, venne realizzato secondo Giorgio Vasari da Lapo Tedesco, inglobando il vecchio Palagio, la torre dei Boscoli e alcune case e torri della Badia Fiorentina, tra il 1340 e il 1345 l'edificio venne rialzato da Neri di Fioravante.Ampliato successivamente con un nuovo edificio su via dell'Acqua tra il 1260-80 nel 1295 venne realizzato il cortile porticato, tra il 1316 e il 1320 venne rialzato sui lati di via Ghibellina e via dell'Acqua. Alla metà del Trecento divenne sede anche del Podestà. Con l'instaurarsi dell’egemonia medicea nella seconda metà del Quattrocento, divenne prima la sede del Consiglio di Giustizia e dei Giudici di Ruota, e dal 1574, sotto il duca Cosimo I de' Medici, sede del bargello, ovvero il capo delle Guardie o di Piazza, che provvedeva agli arresti, interrogatori e provvedeva anche ad eseguire le condanne capitali. La figura del podestà come gabelliere generò poi una frase idiomatica divenuta famosa: Ecco fatto il becco all'oca (e le corna al podestà).Nei quasi tre secoli, in cui venne adibito a carcere, nel cortile furono murati gli archi del loggiato e del verone, le sale più grandi vennero suddivise con tramezzi per ricavarne un maggior numero di celle e furono coperte le pitture e le decorazioni.Negli anni quaranta dell'Ottocento, il barone Seymour Kirkup, assieme ad altri collaboratori, finanziò una serie di sondaggi all'interno della cappella di Santa Maria Maddalena, a seguito dei quali, il 21 luglio 1840, il pittore-restauratore Antonio Marini riportò alla luce un ritratto di Dante, che secondo Vasari era stato dipinto da Giotto.Trasferito il carcere alle Murate, venne deciso nel 1859 il restauro del complesso protrattosi fino al 1865 e sotto la direzione di Francesco Mazzei, il quale ripristinato l'antico aspetto cercò di recuperare o rifare ex novo gli ornamenti architettonici e affidando le decorazioni pittoriche delle sale a Gaetano Bianchi che si ispirò a monumenti della stessa epoca.Nel 1865 venne inaugurato il Museo nazionale al piano terreno vennero allestite due sale d’armi, con oggetti provenienti in parte dall’armeria medicea e dall'altra dal Guardaroba di Palazzo Vecchio, e una sala di scultura del Quattro-Cinquecento. Nel salone del primo piano trovarono posto le sculture proveniente dal salone dei Cinquecento in Palazzo Vecchio.Successivamente dagli Uffizi, giunsero sia le sculture in bronzo e marmo, sia le collezioni di arti applicate: maioliche, cere, ambre, avori, oreficerie, smalti e bronzetti, alcune di queste trasferite nel 1928 al Museo degli argenti. Altri materiali affluirono sia da donazioni e prestiti di privati che da pubbliche istituzioni: dall'Archivio di Stato i sigilli e dalla Zecca le monete. Infine, a seguito dell'Unità d'Italia e delle conseguenti soppressioni di ordini monastici giunsero robbiane, sculture e oreficerie sacre.In occasione del centenario di Donatello nel 1887 il salone venne destinato ad accogliere opere dell'artista e della scultura quattrocentesca fiorentina.Del 1888 è la donazione della raccolta dell’antiquario lionese Louis Carrand, del 1886 è la donazione Conti, del 1899 la Ressman e del 1906 la Franchetti arricchendo il settore delle arti applicate.Duramente colpito dall'alluvione del 1966, ha subito una serie di rammodernamenti e spostamenti. Il 13 luglio 2006 ha subito un plateale furto durante l'orario di normale apertura di tre gioielli antichi della sezione islamica.Sul Canto del Bargello all'angolo con via Ghibellina, si trova, inglobata nel fianco del palazzo, la torre denominata "Volognana", che raggiunge l'altezza di 57 metri. La torre, nei cui sotterranei ebbe per secoli angusto spazio la prigione, venne così chiamata dal nome di Geri da Volognano, uno dei primi carcerati che vi furono rinchiusi.Alla sommità è posta la campana chiamata dai fiorentini "la montanina" che suonava sempre in funeste occasioni come per richiamare i giovani alle armi, o per annunciare esecuzioni capitali, o in caso di sollevazioni e tafferugli che generavano sempre feriti e morti. I tristi rintocchi originarono un modo di dire che veniva affibbiato ad una persona che parlava male di tutti: "Ha la lingua lunga come la campana del Bargello; quando suona, suona sempre a vituperio".Il cortile, porticato su tre lati con archi a tutto sesto su pilatri ottagonali, venne realizzato nel XIII secolo e arricchito nel secolo successivo dal verone e dalla scala goticheggianti, quest'ultima, costruita su lato non porticato, da Neri di Fioravanti tra il 1345 e il 1367.Con la destinazione a carcere del Palazzo vennero tamponati gli archi del loggiato e del verone. Nella seconda metà dell'Ottocento il cortile fu la parte del palazzo maggiormente valorizzata dai restauri del Mazzei, vennero riaperte le logge e il verone e furono restaurati i superstiti stemmi dei podestà e dei Giudici di ruota, nelle volte sotto il loggiati vennero eseguiti affreschi di Gaetano Bianchi con i gonfaloni dei quartieri e alcuni stemmi dei podestà.L'allestimento presenta sculture provenienti da Palazzo Vecchio e dai giardini di Boboli e Castello. Al centro del cortile si trova un grazioso pozzo ottagonale e qui si trovano esposti anche alcune pregevoli statue in marmo, come le sei sculture allegoriche di Bartolomeo Ammannati (Firenze, l'Arno, l'Arbia, la Terra la Temperanza e Giunone), l'Oceano del Giambologna, alcuni rilievi di Benedetto da Maiano e il cosiddetto cannone di San Paolo, di Cosimo Cenni (1638).Vi si accede dal lato orientale del cortile. Normalmente destinata a mostre temporanee, accoglierebbe di solito alcune sculture del periodo precedente il Rinascimento, come la Madonna con Bambino di Tino da Camaino o il gruppo dei Tre accoliti di Arnolfo di Cambio.La sala, ridecorata alla metà dell'Ottocento da Gaetano Bianchi, venne allora allestita con la collezione medicea di armi e con trofei e bandiere. In seguito all'alluvione del 1966, la sala venne imbiancata ed oggi resta solo un affresco giottesco con la Madonna col Bambino e oranti. Luciano Berti la destinò alla scultura cinquecentesca, con alcuni pezzi provenienti nel 1874 dagli Uffizi.Spiccano tra le numerose opere quelle di Michelangelo Buonarroti, con alcune opere giovanili come il Bacco (1497), la sua prima scultura a tutto tondo scolpita a 22 anni e uno dei rarissimi soggetti profani del grande artista, prima di venire travolto dall'ondata di religiosità predicata con veemenza da Savonarola. La figura dell'ubriaco vacillante, quasi in equilibrio su un piede solo, è scolpita in uno stile maestoso e ben modellato che richiama le sculture classiche.Del 1504 è invece il Tondo Pitti, un bassorilievo in parte incompiuto che rappresenta la Madonna con Gesù Bambino e San Giovannino, nel quale alcuni storici intravedono segni di influenza di analoghe composizioni di Leonardo da Vinci.Il David-Apollo risale al 1530-32 e non è stato chiaramente interpretato, mentre il Ritratto di Bruto del 1539 è l'unico busto pervenutoci di Michelangelo, che secondo il Vasari rappresenterebbe Lorenzino de' Medici, chiamato "Lorenzaccio" per aver ucciso suo cugino il duca Alessandro de' Medici.Fanno da contorno nella sala alcune piccole opere ispirate al maestro, scolpite da Bartolomeo Ammannati, il Tribolo, e Baccio Bandinelli.Si distaccano invece per uno stile più evoluto e raffinato le opere di Benvenuto Cellini (come i bronzetti originali del basamento del Perseo di Piazza della Signoria, i marmi di Ganimede e di Narciso, e il busto di Cosimo I) e di Giambologna, rappresentato da uno dei suoi capolavori, l'agile Mercurio bronzeo del 1576.Di Andrea Sansovino è il Bacco del 1515 circa che si discosta volutamente dall'opera di Michelangelo, mentre un rilievo bronzeo è un'interessante opera di Vincenzo Donati. Vi si trova anche l'Allegoria di Fiesole del Tribolo.La sala è allestita con gli avori entrati al Bargello nel 1889 con la raccolta Carrand, un antiquario francese che donò la sua collezione a Firenze. L'allestimento, risistemato nel 1988, è stato arricchito da manufatti in legno, cuoio e osso, di destinazione affine. Alle pareti pitture e staue lignee.La cappella al primo piano, con volta a botte ogivale e con finestre monofore, venne costruita dopo il 1280. Qui sostavano i condannati a morte prima di iniziare il loro cammino verso il patibolo, assistiti dai confratelli della Compagnia dei Neri. Tenendo conto di tale uso si spiegano gli affreschi 1340 attribuiti alla bottega di Giotto: alle pareti laterali, le Storie di santa Maria Egiziaca, di santa Maria Maddalena, di san Giovanni Battista, fulgidi esempi di penitenti e peccatori redenti; sulla parete d'ingresso l'Inferno, e sulla parete di fondo il Paradiso, dove fra gli eletti è rappresentato anche Dante Alighieri con in mano la Commedia, il ritratto più antico e probabilmente più vicino alla realtà del grande poeta.Sulla parete di fondo sono anche due affreschi tardo-quattrocenteschi con la Madonna col Bambino di Sebastiano Mainardi e San Girolamo penitente di Bartolomeo di Giovanni.Con la trasformazione del palazzo in carcere gli affreschi vennero scialbati e l'ambiente diviso in due piani, l'uno destinato ad accogliere i condannati a morte in attesa di supplizio, l'altro in dispensa. Con il restauro dell'ambiente alla metà dell'Ottocento, vennero sistemati nella cappella il coro e il leggio di Bernardino della Cecca provenienti da San Miniato al Monte, mentre all'altare venne sistemato il trittico di Giovanni di Francesco infine nelle vetrine opere di oreficeria sacra.La sala, detta fino al 1888 del Duca d'Atene, cui appartiene lo stemma degli affreschi, contiene parte degli oggetti donati da Louis Carrand: pezzi di oreficeria, smalti di Limoges, metalli, oggetti indiani, sculture e i dipinti.Con la trasformazione a carcere del Palazzo, la sala nel 1574 venne divisa in tre vani e solo, col restauro ottocentesco, venne riportata alla sua dimensione originale, allestendola con opere in cera di Gaetano Zumbo, sigilli medievali e arazzi della collezione Carrand. Dal 1982 la sala ospita oggetti islamici, provenienti dalle collezioni granducali e Carrand, Franchetti e Ressmann tra cui oggetti metallici dei secoli XIII-XV, maioliche, avori, gioielli, armi, cinque tappeti e stoffe. In questa sala è stata forzata una vetrina nel luglio 2006 durante il normale orairio di apertura, sottraendo tre gioielli di grande valore: una collana d'oro e un paio di orecchini del XII secolo, un anello con pendaglio del XIII secolo. L'allarme non era scattato nonostante la frattura e ci si è accorti dell'accaduto solo quando i malviventi erano fuggiti.La sala, realizzata tra il 1340-45 da Neri di Fioravante con la sopraelevazione del Palazzo, venne adibita a salone del Consiglio Generale. Restaurata tra il 1857 e il 1865, decorata con finti affreschi venne allestita nel 1887, in occasione del quinto centenario della nascita di Donatello con sculture di quest'ultimo e del primo Quattrocento fiorentino, sistemate secondo i precetti museografici ottocenteschi in modo simmetrico.Tra i capolavori custoditi spiccano alcune delle opere migliori di Donatello, come il San Giorgio proveniente da una nicchia di Orsanmichele, i due David, uno giovanile in marmo (1408-09) e quello celeberrimo in bronzo del 1440 circa, dal bellissimo modellato, di sorprendente armonia nelle diverse vedute tridimensionali, il primo nudo nell'arte occidentale dai tempi dell'arte romana. Altre sue opere sono il busto di Niccolò da Uzzano, un ritratto di spiccato realismo in terracotta, il Marzocco (1418-1420), leone in pietra serena che poggia una zampa sul simbolo di Firenze, assurto a simbolo cittadino fin da quando fu posto il Piazza della Signoria (oggi è rappresentato in piazza da una copia, mentre questo è l'originale) e le opere della maturità come il bronzo dell' Attys-Amore, restaurato nel 2005, e la Crocefissione.In questa sala figurano anche importanti opere di altri artisti, come le due celebri formelle del Sacrificio di Isacco che Lorenzo Ghiberti e Filippo Brunelleschi fusero per partecipare al concorso pubblico del 1401 per realizzare la porta nord del Battistero di San Giovanni, universalmente riconosciute come le prime opere in assoluto dove si nota un superamento dello stile gotico verso maggiore classicismo tipico del Rinascimento.Altri lavori coevi sono le opere di Agostino di Duccio, di Michelozzo, di Luca della Robbia (opere del periodo scultoreo, prima dell'invenzione della terracotta policroma, come le Storie di San Pietro e la Madonna della Mela) e di Desiderio da Settignano, che fu allievo di Donatello, qui rappresentato da un San Giovanninno ligneo, già attribuito a Donatello, e la Madonna Panciatichi, un bassorilievo in marmo.Il verone, costruito fra il 1317 e il 1320 su progetto di Tone di Giovanni, con la trasformazione del Palazzo in carcere venne murato e suddiviso in celle; con i restauri ottocenteschi fu ripristinato, affrescato da Gaetano Bianchi con decorazioni medievaleggianti e allestito con alcune campane provenienti da chiese toscane. Nel 1932, si provvide ad un nuovo allestimento con sculture cinquecentesche, per lo più provenienti da decorazioni di fontane e giardini. fra queste la serie degli animali in bronzo (unica al mondo) del Giambologna, provenienti dalla grotta della Villa Medicea di Castello, fra i quali figurano alcuni esemplari di incredibile realismo, come la Pavoncella o il Tacchino, all'epoca un animale ancora esotico.La sala costruita tra il 1260 e il 1280, venne successivamente divisa in tre vani adibiti a celle. Nel 1865 con il restauro e la decorazione di Gaetano Bianchi e Brazzini, venne allestita con bronzi e bronzetti provenienti dagli Uffizi, nel 1888 sostititi da vetri, oreficerie, medaglie della collezione Carrand, infine nel 1983 con la donazione dell'antiquario Giovanni Bruzzichelli, la sala, dedicata alla raccolta di quest'ultimo, ospita anche mobili cinquecenteschi.La sala espone, dal 1888, la collezione museale di maioliche italiane e non; il nucleo principale, costituito dalle raccolte medicee, è costituito da pezzi per lo più provenienti da botteghe urbinate. La sala venne arricchita di nuovi pezzi anche dalle donazioni di Alessandro Foresi, Antonio Conti, Luis Carrand, Wilhem Bode, Luigi Pisa e Giuseppe Vai Geppi, infine nel 1997 dal lascito Pillitteri e nel 1999 da quello Middeldorf.La sala nel 1574 adibita a carcere, venne reataurata nel 1865, decorandola con stemmi di alcune famiglie fiorentine da Gaetano Bianchi. La sala è allestita con sculture della seconda metà del Quattrocento, per la maggior parte provenienti dagli Uffizi, dalla collezioni medicee e lorenesi.Spicca tra le opere esposte il David del Verrocchio in bronzo (1470 circa), di un realismo quasi opposto al classicismo di Donatello. Opera dello stessa artista è la delicata Dama del Mazzolino e il Busto di Piero di Lorenzo de' Medici. Altri busti di personaggi celebri del Rinascimento sono qui esposti, come il Giovane guerriero di Antonio del Pollaiolo, il ritratto di Battista Sforza di Francesco Laurana e quello di Pietro Mellini di Benedetto da Maiano. Numerose sono anche le sculture, sia stautue che rilievi, di Mino da Fiesole e di Antonio Rossellino.La sala ospita una delle collezioni più importanti al mondo di bronzetti, con il nucleo maggiore appartenente alle collezioni medicee. Sicuramente prima in Italia per qualità e dimensioni, qui si trovano alcuni pezzi di assoluto pregio come l'Ercole che "scoppia" Anteo di Antonio del Pollaiolo e il Ganimede di Benvenuto Cellini, nonché opere di Giambologna e di Andrea Briosco detto il Riccio. In questa sala si trova anche il pregevole camino realizzato da Benedetto da Rovezzano.Con la destinazioe a carcere del Palazzo la sala venne divisa in quattro vani per ricavarne celle; con il restauro ottocentesco venne allestita prima con sculture in terracotta, poi con opere di Benvenuto Cellini. Nel 1972, venne dedicata all'opera di Andrea Della Robbia. Fra le opere più notevoli il Busto di fanciullo, il Ritratto di fanciulla, la Madonna degli architetti e la Madonna del cuscino, raffinate terrecotte invetriate in elegante bicromia blu/bianco.La sala è allestita con opere di Giovanni della Robbia e di altri collaboratori e artisti affini. Campeggia un grande tabernacolo in terracotta invetriata policroma, esemplare dello stile di Giovanni, che rispetto ai precedenti artisti della famiglia Della Robbia cercò di usare tutti i colori tecnicamente possibili caratterizzando le sue opere per la policromia, in genere una pentacromia con bianco, blu, giallo, verde e bruno.La sala accoglie ciò che rimane dell'armeria medicea e urbinate arricchita dalle donazioni Carrand e Ressmann.Le sale riallestite nel 1990 accolgono la raccolta di medaglie del Bargello e la scultura di epoca barocca. Vi è conservato il Busto di Costanza Bonarelli di Gianlorenzo Bernini.